Un nuovo disegno di legge si prepara ad approdare in Consiglio dei Ministri e potrebbe segnare la fine delle attuali protezioni per gli animali selvatici. Il governo guidato da Giorgia Meloni sembra voler cedere il controllo della natura agli interessi venatori, mettendo a rischio l’equilibrio ambientale e la biodiversità.
Le principali associazioni ambientaliste e animaliste italiane lanciano l’allarme: un nuovo disegno di legge in materia venatoria, di cui si vocifera una possibile imminente approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, rappresenta un pericoloso attacco all’ambiente, alla legalità e al patrimonio naturale collettivo. Il testo, che sta circolando negli ambienti legati al mondo della caccia, sembra scritto su misura per soddisfare le richieste più estreme delle lobby venatorie, a scapito della fauna selvatica, delle aree protette e dei diritti dei cittadini.
Secondo le associazioni, si tratta di una proposta normativa che non solo ignora le evidenze scientifiche, ma stravolge la missione costituzionale della tutela dell’ambiente, trasformando la caccia da attività ricreativa in una presunta funzione di conservazione della biodiversità. Una forzatura che, oltre a non avere alcuna base scientifica, appare come un vero e proprio escamotage per legittimare l’ampliamento dell’attività venatoria su scala nazionale.
Tra i punti più contestati del provvedimento figurano:
- L’estensione indiscriminata delle aree cacciabili, comprese spiagge, dune, boschi, foreste e persino zone demaniali, con gravi conseguenze sulla sicurezza pubblica e la fruibilità del territorio da parte dei cittadini;
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L’obbligo per le Regioni di ridurre le aree protette se giudicate “eccessive”, introducendo un potere sostitutivo in capo al Ministero dell’Agricoltura, in contrasto con ripetute sentenze del Consiglio di Stato;
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La riapertura degli impianti per la cattura dei richiami vivi, aumentando da 7 a 47 le specie catturabili, con impatti devastanti su milioni di animali e sul controllo del bracconaggio;
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L’autorizzazione alla caccia notturna e durante i periodi di nidificazione, con pericoli evidenti per la sicurezza e danni irreversibili alla fauna;
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L’eliminazione dei limiti agli appostamenti fissi e alla caccia su terreni innevati, e la possibilità di autorizzare nuove specie cacciabili senza valutazioni scientifiche indipendenti;
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Il riconoscimento della licenza di caccia a cittadini stranieri senza obbligo di formazione sulle normative italiane;
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L’introduzione di multe fino a 900 euro per chi protesta contro le uccisioni di animali, senza prevedere alcun irrigidimento delle sanzioni contro il bracconaggio.
Un attacco alla natura e alla democrazia
Secondo il fronte ambientalista, questo disegno di legge rappresenta il culmine di una strategia portata avanti fin dall’inizio dell’attuale legislatura, con il chiaro obiettivo di smantellare progressivamente il sistema di protezione della fauna selvatica e piegare le norme ambientali agli interessi di una minoranza organizzata e rumorosa. La natura, avvertono le associazioni, non è un bene negoziabile, né un privilegio per pochi. È un’eredità comune, da tutelare per le future generazioni. Permettere che venga trasformata in campo di caccia illimitata è una scelta irresponsabile e pericolosa, non solo per l’ambiente, ma per l’intero equilibrio democratico del Paese.
Un appello alla mobilitazione
Di fronte a questo scenario, le organizzazioni ambientaliste e animaliste chiedono a tutte le forze politiche di opposizione di prendere posizione con fermezza e invitano i parlamentari della maggioranza a fermare questa deriva. La mobilitazione è aperta a tutti: cittadini, studiosi, operatori del turismo, imprenditori, comitati locali. È il momento di difendere ciò che è di tutti, ciò che rende l’Italia unica: la sua biodiversità, i suoi paesaggi, il diritto a vivere in un ambiente sano e sicuro. La natura non è un giocattolo né una merce di scambio. È un bene comune. E come tale, va difesa.
Le associazioni denunciano anche il rischio di infrazioni europee, che potrebbero tradursi in nuove sanzioni a carico dell’Italia. In questo scenario, a pagare non sarebbero i politici né i cacciatori, ma l’intera collettività.